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Chi ha Anticipato il Covid-19 nel Cinema?

  • Immagine del redattore: Il Dislessico
    Il Dislessico
  • 25 apr 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Di Tommaso Stanchieri

Diciamoci la verità: da quando è iniziata questa situazione, chi non l’ha paragonata ad un prodotto cartaceo o visivo di sua conoscenza? L’idea di un virus che riesce a diffondersi in tutto il mondo è stata sfruttata fino all’osso nel mondo dell’arte, e tutti noi abbiamo visto qualcosa del genere in libri, fumetti, videogiochi, film. Va detto però che per quanto sia grave e difficile questo periodo, non è minimamente paragonabile alle orribili distopie che alcuni autori avevano ipotizzato. Ad esempio, viviamo questa quarantena non certo come Tom Hardy o Mel Gibson in “Mad Max”, ma piuttosto come Jeff Bridges ne “il grande Lebowski”. I grandi maestri del cinema hanno cercato di mostrare non tanto un virus realistico e accurato scientificamente che potesse “piegare l’intera umanità” (nonostante alcuni film si concentrino anche su questo aspetto), piuttosto si sono concentrati sul rappresentare una reazione realistica delle persone, creando anche una sorta di allegoria dei pregi e difetti del genere umano. Si sono domandati: “in caso di catastrofe come reagirebbero gli esseri umani?”

Nel corso degli anni, ci sono state innumerevoli visioni su questo tema, utilizzando anche malattie o minacce molto fantasiose, ma mostrando il vero volto delle persone. Il primo regista ad essersi servito di una malattia fittizia per creare una critica nei confronti dell’umanità è sicuramente George Romero, padre di un mostro del genere horror che ormai è diventato molto commerciale, nonostante sia stato concepito come metafora sociale e politica, ovvero lo zombie moderno. Romero inizia a fare film verso la fine degli anni sessanta, un periodo in cui sarebbe nata la “New Hollywood” e in cui si iniziò ad avere un occhio più critico nei confronti del mondo, inteso nel panorama hollywoodiano. Ispirandosi al libro “Io sono leggenda” di Richard Matheson, rimodellò la figura del morto vivente che, da servo riportato in vita e al servizio di un mago voodoo, diventa un essere terrificante e cannibale. La sua prima apparizione è nel suo film d’esordio “La notte dei morti viventi”, titolo che, nonostante sia del ‘68, ha ancora potenza narrativa, come nel resto della sua filmografia. L’idea romeriana era quella di descrivere la vera natura dell’uomo, quella che si esprime attraverso la reazione ad una qualche minaccia, non per forza legata agli zombie. Basti pensare anche al film “La città verrà distrutta all’alba”, dove non ci sono gli zombie, ma un virus capace di rendere le persone incoscienti e capaci solo di azioni violente e omicidi. Il suo messaggio sociale e politico, tristemente pessimista, non è mai cambiato fino al suo ultimo film nel 2009 (“survival of the dead”). Uno dei primi attacchi che fa il “papà degli zombie” nella sua filmografia è rivolto alle famiglie borghesi, incapaci ad affrontare decentemente una situazione pericolosa senza entrare in conflitto con gli altri. Tutto ciò fa pensare alle tante famiglie italiane che soffrono per questa quarantena, non tanto per il coronavirus, ma piuttosto perché devono sopportare i “propri cari” rinchiusi nello stesso spazio angusto.

Romero, inoltre, ci mostra come le persone, di fronte a situazioni d’emergenza, mostrino il loro lato più violento e più malvagio, quasi ricollegandosi alla famosa frase di Hobbes: “homo homini lupus”. Come non pensare, in questo caso, al forte razzismo degli italiani nei confronti dei cinesi all’inizio del 2020, considerati untori e malvagi, quando poi più tardi, ironicamente, sono stati gli italiani emigrati in Cina a diffondere il virus. La critica principale che lancia Romero nei suoi film è sicuramente rivolta all’egoismo dell’uomo, il quale, quando è in pericolo, è pronto a prendere tutto ciò che vuole per sé e a danneggiare gli altri. Pensiamo, in questo periodo, ai tanti politici che hanno fatto prevalere l’interesse economico sulla sicurezza, a chi organizza truffe sotto forma di campagne di donazione, a chi specula sulle mascherine, a chi non ha chiuso le fabbriche quando il virus si stava diffondendo, a chi ha mandato gli anziani contagiati in case di risposo senza che ci fossero condizioni medico sanitarie minimi, causando una vera strage. In conclusione possiamo dire che nei film di George Romero la vera minaccia non è mai stata lo zombie in sé, come non lo è mai stata solo il coronavirus: in entrambi i casi il vero nemico è solo uno: l’uomo stesso.

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