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Ankara Nuova Capitale Libica

  • Immagine del redattore: Il Dislessico
    Il Dislessico
  • 7 apr 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 13 apr 2020




Di Nicole La Terza


Il 20 ottobre 2011 muore Mu'ammar Gheddafi, per mano di alcuni elementi del CNT (Consiglio nazionale di transizione). Nicholas Sarkozy, ex presidente della Repubblica francese, afferma: “La scomparsa di Gheddafi è un passo in avanti nella battaglia combattuta dai libici da 8 mesi per liberarsi dal regime violento e dittatoriale che gli è stato imposto per più di 40 anni.” La gente festeggia e a nessuno viene in mente il detto: la mala erba non muore mai. Il 16 maggio 2014, in Libia, scoppia la seconda guerra civile. La mala erba ha finalmente un volto: Khalifa Haftar, ex-generale al servizio di Gheddafi, responsabile dell’attuazione di un colpo di stato al fine di liberare il Paese dalla violenza delle milizie islamiche. L’ONU cerca di intervenire: nomina al-Sarrāj primo ministro del nuovo governo di unità nazionale. La Libia si spacca in due: l’area di Tripoli, controllata da al-Sarrāj e la Cirenaica (la regione orientale della Libia) in mano di Haftar, eletto ministro della Difesa e Capo di Stato Maggiore dal governo cirenaico di Tobruk. Sfortunatamente, il suddetto ministro non si accontenta di una “fetta di torta”: questi punta alla conquista di Tripoli; l’ingordigia è un peccato umano.

Il 7 gennaio 2020 le truppe di Haftar conquistano Sirte: una città costiera a 370 chilometri a est di Tripoli. Sarraj inizia a preoccuparsi e, insieme a lui l’attuale Presidente della Turchia, Erdogan, per il quale è decisiva la sopravvivenza di Al-Sarraj, visto che a dicembre ha siglato con Tripoli un accordo sui confini marittimi che concede ad Ankara di estrarre gas e petrolio in un’area strategica controllata dal governo libico, in aggiunta all’acquisizione da parte del Presidente turco di una posizione decisionale sui gasdotti che attraverseranno quei tratti di mare. La Turchia, di conseguenza, è costretta a correre ai ripari: l’8 gennaio Erdogan, appoggiato da Putin, presidente della Federazione Russa, sostenitore di Haftar, dichiara di cessare il fuoco in Libia a partire dal 12 gennaio. Al-Sarraj accetta immediatamente, ma Haftar non è dello stesso avviso: “Non possiamo smettere di combattere il terrorismo.” Il no di Haftar non crea allarmismi, sebbene il suo significato nascosto sia chiaro: Putin non controlla il generale libico come il suo protetto Assad in Siria. Questo potrebbe costituire un problema per l’alleanza Turchia-Russia, la quale si pone come obbiettivo la spartizione del territorio in parti uguali: l’ipotesi più probabile è che tale bipartizione assegnerebbe la Tripolitania ad Ankara e la Cirenaica alla Russia. Proprio per questo il presidente della Federazione Russa avrebbe rifiutato di incontrare Haftar, puntualizzando che un incontro con il presidente russo “non è in agenda”.

In tutto questo sia l’Europa sia l’ONU stanno a guardare e non ci resta che sperare che almeno lo spettacolo sia di loro gradimento.


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