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Cominciamo al Tramonto

  • Immagine del redattore: Il Dislessico
    Il Dislessico
  • 7 apr 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 13 apr 2020




Di Eduardo Bifulco


Avevo passato gran parte del pomeriggio a casa mia, studiacchiando, leggendo i miei libri, controllando il cellulare. Lei mi aveva raggiunto un paio d’ore prima del tramonto. Si era parlato poco, e questo poco era sempre non necessario. I pomeriggi erano sempre così piacevolmente pigri, trascorsi nel silenzio di chi ha ormai una certa intimità.

Io e lei… Conoscevamo la storia superficiale l’uno dell’altra, quella che ognuno racconta a se stesso e agli altri, magari eravamo in grado di intuire anche una certa vulnerabilità, mia nei suoi confronti e sua nei miei. Avrei difficoltà a parlare oltre di queste cose.

Ero seduto alla scrivania davanti alla finestra. Mi ero appena accorto delle nuvole rosa all’orizzonte, lei stava leggendo sulla poltrona poco distante. Con una certa delicatezza, che avrebbe voluto apparire premurosa e conciliante, le andai a toccare il braccio, poi con un movimento della testa le indicai la finestra e il panorama.

A voler essere sinceri non era niente di spettacolare. L’altezza della nostra finestra era sufficiente a farci vedere appena oltre le cime dei palazzi di rimpetto e la vista era comunque guastata dall’inevitabile selva di antenne paraboliche, interrotta ogni tanto da qualche orgoglioso pino scuro. In fondo a tutto doveva esserci il sole, ma non lo vedevamo, solo uno sparuto gruppo di nuvole dal viola al rosa all’arancione ce ne dava testimonianza, e questo a me bastava. Lei ruppe per prima quell’incanto di etere.

- Dopo vediamo un film?

Forse rimasi un po’ contrariato, ma non ci badai. Mi ero perso un attimo però, lei mi diede il tempo di tornare nella nostra stanza.

- Hai tempo o devi andare via presto?

- No, no, stasera posso permettermi certi lussi, con Eva c’è la babysitter fino a tardi.

- Allora va’ bene. Proposte particolari o scelgo io?

- Che ne dici della Corazzata Potëmkin?

Fino a quel momento le avevo voltato le spalle, ma questa volta fu spontaneo girarsi, comicamente stupiti. Lei era sulla poltroncina blu, di traverso. Mi guardava con una certa arietta saccente che avrebbe voluto mascherarsi da pacata e ragionevole, ma lasciava intravedere la solita ragazza incapace di annoiarsi. Accennai un mezzo sorriso di stupore e proseguii muovendo la testa esageratamente incredulo.

- Quello di Eisenstein? Russo? Muto? Bianco e nero?

- Eh, esatto. Che ne dici?

- Oh va bene, assolutamente.

Lei sorrise sinceramente e tornò alla lettura, ma io non è che riuscissi a distogliere lo sguardo, cercava di stuzzicarmi? Certe cose sembrava sempre che piacessero solo a me, lei sapeva che non mi ero girato ma fingeva di non accorgersene, un po’ credo le piacesse.

Lì, sulla poltrona imbottita, la sua magrezza era quasi spettrale, ogni tanto me ne accorgevo così, all’improvviso, come fosse stata la prima volta, e una sorta di senso di colpa mi colpiva implacabile. I capelli corti, il volto un po’ slavato, gli occhi azzurri quasi trasparenti, le gambe accavallate sul bracciolo di destra e la testa leggermente reclinata su quello opposto: a me piaceva. Alcuni miei amici non erano d’accordo, ed io forse ero solo più vulnerabile al suo particolare fascino, ma mi pareva una cosa oggettiva, la sua bellezza. Passò molto tempo prima che si parlasse ancora, ebbi appena il tempo di finire il mio lavoro.

- A proposito di…

Lei mi zittì con la mano e finì il paragrafo che stava leggendo, poi fece scivolare l’indice per tenere il segno e si rimise a sedere normalmente. Avevo tutta la sua attenzione.

- Ho intenzione di cancellare il mio profilo Instagram.

Parlavo con una certa spavalderia, forse sillabando un po’ troppo le parole. Si trattava di una grande svolta però, di un ufficiale ritiro dalla società. O almeno, dalla società grande, non quella delle solite facce, la ventina di persone che vedi ogni giorno, ma proprio la Società, le cose ufficiali, le figure senza volto.

- E perché?

- Che significa perché?

Lei si alzò e cominciò a sgranchirsi un po’, ma i suoi occhi rimasero vigili, fissati su di me, notai che controllava le mie mani, forse addirittura la postura. Aveva ancora il libro in mano.

- Ne senti il bisogno?

- Mah, un po’ sì, ma, in generale, è che sembra sempre che io debba spiegare chi sono a tutti quanti, no? Come se offrissi merci. Mica è piacevole, no? Bisogna –

- E non spieghi molto, se non tutto, di te stesso anche cancellandoti da Instagram?

Abbassai gli occhi, lei cominciò a cercare il segnalibro.

- Va’ bene, ma allora come ce ne si libera?

- Di cosa?

Io tracciai un vago cerchio onnicomprensivo con la mano, lei trovò il segnalibro.

- Beh mica puoi liberartene… o magari, sai, puoi cancellare le vecchie foto e non postare più niente.

- Stessa questione di prima –

- Lo so, sì. Non c’è modo allora.

Posò il libro sul bracciolo della poltrona, sembrava molto sollevata, intanto mi alzai io, pronto a seguirla di là. Lei invece fece un passo veloce verso di me ad appoggiarmi un bacio sulle labbra, un po’ stupite ma non certo contrariate. Ebbi giusto il tempo di socchiudere gli occhi che lei mi sfuggì del tutto e scivolò nell’altra stanza.


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